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1 Marzo 2025 • ,   

Da nessuna parte è un posto bellissimo.

Tempo lettura: 4 minuti

L’inesattezza è come un ladro,  è capace di rubare tutte le nostre certezze, persino il titolo di una storia. Capovolge il verso delle cose, ci rende estranei alla chiarezza e per ultimo fragili.
Quella sensazione di disordine per me era solo un modo per scoprire che il corpo grida anche in silenzio, non ci vedevo altro che un fastidio di estraneità tra le mie cose.
Tutto ciò attraverso cui specchiavo la mia immagine di ogni giorno,  sembrava improvvisamente non appartenermi più, sembrava essersi già consumata come una candela giunta al termine che se anche provi a riaccendere fa solo fumo.
Quando era accaduto di disimparare a provare amore verso qualcosa che avevo personalmente voluto non lo ricordo, non parlo di quelle cose che ti ritrovi a vivere casualmente per le quali potrebbe essere comprensivo avvertire poca familiarità, piuttosto di quelle che ti scegli, di quelle che nel tempo tra tante ti hanno fatto credere di esserti trovato.
È successo cosi drasticamente, pari a quando sei lasciato in una sera come le altre con un “Io non ti amo più”. Sembrava una fine molto simile in cui non hai diritto di replica, un’esplosione di vita passeggera scambiato per amore eterno, una sconfitta che ti costringe a gestire la sottrazione della tua identità in un modo del tutto inaspettato.  
L’inesattezza fa questa roba qui, ti rimuove da dentro una memoria finendo per non sapere più chi sei e dove sei diretto e quando arriva a metterci a soqquadro la vita, non facciamo altro che educarla, correggerla, portarla in terapia, o forzarla a ritornare esatta anche a costo di buttarci su delle pezze con quello e quell’altro pur di non farci vedere pieni di insicurezze da nascondere.
Ho capito negli anni che non è questo il motivo della sua visita, la vita ti concede per cortesia il lusso dell’agio dando all’interrogazione un po’ di tregua, ti lascia restare dentro i tuoi rifugi temporanei ed è d’accordo che tu vada nel mondo a sperimentare quanto più di te tu possa esprimere, quanto più di te tu possa aggiustare, ma lei ti vede e sa quando stai costruendo una storia per scappare da quella che non vuoi affrontare, cosi incomincia a renderti tutto insopportabile e a quel punto lo scenario è sempre il solito.
Portarti nell’abisso fino quando non impari a tradurre il suo dolore.

Lo scopo di un’ inesattezza non è renderti privo di un’identità, piuttosto di restituirtela, è fatta per farti salire il dubbio dalla schiena, per costringerti a ricordare meglio. Rimpiccolisce l’inquadratura sulla tua storia, invitandoti ad accostare per accertarti di aver scritto correttamente la trama, per verificare se la posizione rispetto a dove fossi diretto si fosse allontanata troppo o avesse abusato di tutte quelle strade alternative per evitare di rimanere fermo.


Quanto tempo di quel tempo avremmo perso a  nasconderci da ciò che sembrava rincorrerci però, era solo una questione di capitoli. La foga a trattenere tutto pur di non rinunciare a nulla prima o poi sarebbe arrivata al suo capolinea.

Nulla era stato un errore, né le pezze, né i rifugi e nemmeno cancellare e riscrivere più e più volte una destinazione per esempio. Il nostro impegno a tenerci lontani dal rischio un atto piuttosto lodevole, un ricordo di noi venduti al rigore della mente in cambio di una vita esente dal non sapere.
Ma vivere non era solo molestare il controllo, non era sapere sempre cosa fare, o  avere sempre un’immagine da guardare o da far guardare.

Vivere a volte voleva dire anche non avere risposte, anche cadere senza rialzarsi, anche provare paura e sbagliare, ma sopratutto vivere voleva dire sedersi ogni tanto sul ciglio di una strada senza indicazioni accettando di essersi persi.


Il rischio da cui stavamo scappando, ciò che ci stava rincorrendo, era il capitolo di una vita chiamato  perdizione, forse quello più importante, quello che tra tutti si distingue in quanto l’unico che non ci vede ossessionati dal trovare la strada giusta, insegnandoci che a volte le strade sono sono strade.
L’inesattezza con tutta la sua scomodità, non arriva per creare disordine, nè per scoprire che il corpo grida anche in silenzio, interviene piuttosto per intorpidirlo ma solo per portarci ogni tanto sull’orlo di un’amnesia obbligandoci a fermaci, a dialogare con l’intuito per accertarti se per sbaglio ti sei sempre messo su qualcosa credendo ti piacesse quando in verità ti piaceva solo l’idea. 
Quella della perdizione, era una buona occasione per osservarci nella veste più labile e indefinita di noi, quella dove si smette di cercare e si incomincia a farsi trovare da ciò che ci stava cercando. Per questo, bisogna volere un bene immenso all’inesattezza, nessun tentativo di ricerca sarebbe mai stato più sprecato se non si fosse cercato nel dubbio, nessun ricordo più vicino a ciò che ci somiglia sarebbe mai potuto riaffiorare se non nelle intermittenze. 

Chi cerca quello che non deve trova quello che non vuole dice una canzone, a volte è un bene  smettere di cercare nuove idee, perchè spesso le idee ci offrono acqua salata, sono fatte per renderci ancora più assetati, per portarci a misurare la vita solo tra l’apice e l’abisso mentre a volte bisogna imparare anche a sostare nel mezzo, dove non c’è fine, non c’è inizio, non ci sono sempre buchi da riempire o strade giuste da trovare.

Perdersi vuol dire imparare a vivere di mondi di mezzo, di spiragli, di ironia e di semplicità. Non sempre c’è luce, non sempre c’è amore, non sempre si sa chi si è o dove si sta andando e fin tanto che l’uomo continuerà a pesare la sua vita solo con gli opposti, tra il dramma e l’euforia, tutto il resto lo perderà nell’errore della misura. Nel risultare estranei persino a noi stessi c'è una buona possibilità di ritrovarsi e da nessuna parte, spesso, è un posto bellissimo.

Immensamente
A.


Clicca sulla copertina del disco per ascoltare tutta la traccia in versione completa.

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2 comments on “Da nessuna parte è un posto bellissimo.”

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