A volte l’ho lavata tutta insieme, altre l’ho divisa tra il bianco e il nero. Nelle sfumature continuo a perderla. Molte cose di lei le ho buttate. Alcuni pezzi della sua esistenza li uso come conservanti per farmela durare meglio. Qualche volta pur strizzandola continua a sgocciolare, come ad insegnarmi che in quelle perdite ci sia ancora qualcosa da elaborare.
La cucio quando è strappata, altre volte mi riservo solo di osservarla quando gira, è da lì che vedo il mondo per intero.
Incontro lei negli altri, nelle grinze da ammorbidire, siamo in molti lì ad esercitare i nostri credo.
Quando è su ad asciugare mi permette di guardare in alto dove mi sembra che siano i sogni di tutti a far brillare così tanto il sole.
E poi, quando gira, mi pare sussurri impermanenza,
come ad invitarmi alla totalità, come a chiedermi di non trattenerla aggrappata al bisogno
ma piuttosto di restituirla alla libertà.
Io nel dubbio ho scelto di scriverla stendendola tutta, per ricordarla, per ricordarmi.